I segreti di Assisi e della Basilica di San Francesco

I segreti di Assisi e della Basilica di San Francesco

I segreti di Assisi e della Basilica di San Francesco

Assisi stupisce in ogni suo vicolo, piazzetta o scorcio per la sua bellezza, ma c'è un'abitazione in particolare che desta interesse e curiosità nei passanti più attenti per le figure in ferro battuto che ne decorano la facciata. Si tratta della casa del noto artista assisiate, Maceo, vissuto nel secolo scorso e distintosi come tra i più valenti artisti umbri del XX secolo.

Domenica scorsa, Ginevra la figlia di Maceo ci ha aperto le porte di casa e, soprattutto, dei ricordi di famiglia per raccontarci di chi fosse suo padre, come artista, ma sopratutto come essere umano. Libero pensatore, attivo tra le fila dell'antifascismo locale, vittima di torture e umiliazioni durante "il Ventennio", quando se ne è presentata la possibilità e senza esitazione ha offerto ospitalità a ebrei ed in particolare ad un fotografo che l'ha ricambiato, oltre che con immensa gratitudine, anche con una sua opera estremamente poetica: una foto che ritrae Ginevra con la mamma.

Anche solo questo sarebbe valsa la passeggiata lungo i percorsi della memoria locale, ma in realtà quello che è seguito alla visita a casa di Maceo ha continuato a stupirci e a farci prendere ancora maggiore consapevolezza della ricchezza della storia locale.

Nella Basilica di San Francesco, il Padre conventuale Felice Autieri, ci ha aperto spazi di cui anche noi guide non conoscevamo l'esistenza: la così detta "stanza degli ebrei" che si cela lungo le altezze del campanile romanico e poi, nella Basilica Superiore, proprio nel transetto di destra dove noi guide transitiamo regolarmente senza notarla, una lunga e pesante botola che dà accesso ad un ambiente sotterraneo dove i perseguitati venivano tenuti durante le persecuzioni ad opera dei tedeschi in chiesa.

Uomini, donne e bambini di ogni età costretti a stare in silenzio e al buio per non far scoprire sé stessi e gli altri con la sicurezza che di sera l'organista della chiesa, Padre Giacomo reali, avrebbe fatto le prove all'organo della chiesa di sera per giustificare le luci accese all'oscurità e soprattutto per coprire con le sue melodie gli scambi di parola degli ebrei che solo in quell'occasione potevano uscire, parlare e camminare lungo la navata della chiesa. In epoca in cui queste storie cominciano a sembrare lontane e quasi irreali, scendere per la botola, abbassarsi tra gli archi a sostegno dei solai della Basilica e immaginare di stare in silenzio e nel terrore per ore, ha reso tutto più vero e toccante.

Parteciperemo ogni anno alle iniziative di Marina Rosati, curatrice del Museo della Memoria e protagonista della riscoperta di queste storie che ci rendono orgogliose ed orgogliosi di vivere in questa terra che ha protetto e accolto gente come noi, ma che per la follia di un'ideologia aveva perso libertà, dignità e diritti. 

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